Riflessioni

ATTIVARE PROCESSI PARTECIPATIVI

La partecipazione intesa nel modo
più corretto è un percorso organizzato
nel quale ogni soggetto interviene
per le proprie competenze in modo
autorevole e riconosciuto.

Questo significa che ai bambini
è stato richiesto di essere bambini
e non adulti e architetti.
A loro è stato chiesto quali erano le loro idee
e le loro esigenze (aspettative)
e noi le abbiamo ascoltate, discusse
e accettate conferendogli valore e interesse.

Non abbiamo chiesto di progettare
le soluzioni e non gli abbiamo dato la matita
per fare gli architetti.

Lo spontaneismo, l’ingenuità, il naifismo
sono soluzioni banali a temi complessi.

L’architettura in questi anni è in profonda crisi
d’identità. Le uniche novità introdotte,
sono novità marginali, che non incidono
sul progetto ma riguardano i livelli
prestazionali e di comfort.
La grande rivoluzione che può avvenire
nei prossimi anni sarà prodotta
dalla partecipazione delle persone
e dalla capacità di ascolto dei progettisti.
Dalla partecipazione e dall’ascolto soprattutto
degli utenti che non sono mai stati ascoltati.
Alcuni soggetti deboli, proprio perché
reduci da un lungo silenzio,
sono una miniera inesplorata di idee.

LAVORARE IN GRUPPO

Il lavoro in gruppo impedisce al singolo
di perdersi in ragionamenti solitari
e pone con forza i soggetti
in una dinamica di confronto serrato.

Il confronto obbliga ad argomentare,
a dare conto e ragione del proprio fare.

Lavorare in gruppo, lavorare al plurale è molto
più difficile e richiede tempi molto più dilatati
rispetto all’essere uno.

La conoscenza non è un’attraversata
in solitaria ma la capacità di stare in relazione
sempre, di porre le menti in relazione.

ESSERE CURIOSI

La capacità di stare e di lavorare
nella “dimensione del dubbio”;
concedersi tempo significa davvero acquistarlo
per costruirsi la capacità di stare nella dualità
del dubbio, per riuscire anche a convivere
serenamente con punti di domanda che chiedono
di avventurarsi in un percorso, per cercare
eventuali possibili risposte; avere curiosità,
spingere lo sguardo, tendere le orecchie
per cogliere, restituisce una tensione
che va oltre l’immediato ed il visibile.

La curiosità vive e si alimenta di interrogativi.
Diviene allora fondamentale dotarsi di alcune
domande iniziali che guidano la ricerca
e la riflessione, interrogativi che sostituiscono
risposte a volte immediate e anche più semplici
ma che rischiano di chiudere gli orizzonti di pensiero;

interrogativi che si alimentano a loro volta
di nuove domande e ai quali si ritorna
nel corso delle riflessioni;
interrogativi dunque che diventano la guida,
lo sprone, il pungolo per non fermarsi.

Dunque buoni interrogativi che fanno sì
che si attivi una buona ricerca.
Da qui la necessità di imparare a farsi
domande come adulti e imparare a porre
ottime domande ai bambini.
Provare ad orientarci costruendo dei quesiti
in apparenza molto semplici ma utili
per capire come muoverci, avere sempre
disponibili alcune “domande in tasca” intese
anche come soglia di consapevolezza,
da cui poter generare nuovi rilanci
che producono avanzamenti di pensiero.

ASCOLTARE

Attribuire importanza, legittimità ed interesse
ai contributi e alle idee dei bambini è l’atto
più rivoluzionario della ricerca.
Ascoltare le loro esigenze e raccogliere
indicazioni come: l’accoglienza, la giocosità,
…la ricchezza… la trasparenza… Sono parole
scomparse dal vocabolario di chi fa case.
Tutti vorrebbero un’abitazione accogliente
ma nessuno ha il coraggio, la speranza,
l’ardire… O forse anche solo la coscienza
che si possa avere.

Attivare dunque una forte e autentica
pratica di ascolto, un ascolto attivo
in cui ogni individuo pratica l’ascolto reale
ma contemporaneamente,
essendo soggetto attivo
del processo progettuale e a volte decisionale,
entra nel discorso in costruzione
apportando elementi di novità,
punti di vista differenti
che vengono raccolti e rilanciati
in una sorta di spirale virtuale.

DIALOGARE

Il dialogo, il confronto è stato uno
degli strumenti più utili in questa esperienza.

Le conversazioni, le discussioni
sono state registrate e poi hanno fornito
una valida documentazione dei pensieri
e delle volontà dei bambini.

Molto è stato mutuato da sollecitazioni che ormai
alcuni anni fa i bambini suggerirono a noi,
gruppo di progettazione (architetti e pedagogisti)
nella realizzazione di strutture abitative
ovvero il tema della trasparenza,
della decorazione, dell’intimità, della magia
sono presenti e trovano traduzione.

Ci vuole tempo, e tanta determinazione,
bisogna essere convinti che ciò che si sta facendo
è importante e che lascia un segno nel tempo.

La sfida è quella di pensare e progettare
un luogo che ha la necessità
di essere estremamente contemporaneo
e per quanto possibile proiettato al futuro,
flessibile ma contemporaneamente
fortemente dotato di identità
e di elementi di forte riconoscibilità.

Per tutte queste motivazioni che si muovono
a livelli di complessità anche differenti fra di loro
è assolutamente necessario,
dal nostro punto di vista, attivare processi
di partecipazione in cui ognuno,
per competenza e per specificità,
cura e apporta elementi di riflessione importante.
Tanti diversi punti di vista che si integrano,
si contaminano e aiutano
a stare in relazione e a conoscersi.

GIOCARE

Il cartello più diffuso nei quartieri italiani è:
vietato il gioco del pallone.

Sembra che la cosa più pericolosa che possa accadere è che i bambini giochino.
In realtà è una delle opportunità più preziose.
Attraverso il gioco i bambini socializzano, sperimentano ruoli e rapporti, vivono esperienze che costituiscono un piccolo “bagagliaio di sapere”, creano situazioni e simulano soluzioni, danno spazio alla fantasia per affrontare le piccole sfide di tutti i giorni.

Il gioco è una grande opportunità che deve essere agevolata e sostenuta, attraverso la quale i bambini esprimono la loro personalità e apprendono, ed è soprattutto un diritto (art.31 convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, 1989).

È opportuno sostenere la capacità di giocare come abilità che accompagna l’intera vita delle persone e che si alimenta continuamente.
La voglia di divertirsi e di appassionarsi a ciò che si sta facendo è un processo importante che va alimentato in quanto richiede una precisa volontà per vivere.
La passione è una leva fondamentale, ci sostiene anche nei momenti di stanchezza, ci emoziona, permette delle pause, dei rallentamenti ma non scompare. La passione è anche un linguaggio comunicativo, è uno stile di intendere e pensare alle cose, ai progetti, dà slancio e orienta al futuro.
Il futuro è la dimensione privilegiata in cui, tutti noi, dovremmo imparare a collocarci e nelle nostre professioni dovrebbe essere la dimensione abituale e necessaria.

ENTUSIASMARSI (Sogno)

Ricerche ne sono state fatte molte
e in vari ambiti; mostre e libri altrettanti.
A volte, raramente, si cerca di dare
applicazione concreta alle idee.
È difficile perché è necessario sfidare mille
pregiudizi e perché dall’utopia, dalle parole
si deve scendere al concreto ed è quindi
necessario fare i conti con la realtà.
Con le regole, le normative, i materiali, le tecniche
costruttive, le famiglie, le abitudini consolidate…
È a questo punto che si deve avere
entusiasmo che è un misto
di determinazione, forza di volontà,
tensione ideale…
È una luce dentro che ti spinge un passo avanti…

Questo progetto ha rappresentato un terreno
di sperimentazione ma anche un collante
generazionale impensato.

Il progetto è stato in grado di catalizzare
i pensieri dei bambini, delle famiglie,
di chi si occupa di educazione, degli architetti,
dell’impresa, insomma ha fatto davvero
da volano per un allargamento di un’idea
di comunità, se ne è parlato al mercato,
in piazza, nelle case degli abitanti
che sono andati a viverci.

“Coriandoline” viene da lontano,
ha una sua storia da raccontare
non è un’esperienza nata dal nulla
o dalla matita di qualcuno un po’ stravagante,
è un’esperienza che ha radici e ali e che guarda
alla sua storia, di cui è testimone fedele e autentica.

Come tutte le vicende che sono
depositarie di storie ha una memoria,
ha qualcosa da dire… ancora.

IMPEGNARSI

Non bastano una buona idea e un po’ di soldi
per fare ricerca e sperimentazione.

Ci vuole anche tanta applicazione,
tanto lavoro e tanto impegno.

Le idee vanno perseguite, verificate,
studiate, sviluppate, valutate
e poi proposte con grande responsabilità.

La mancanza di approfondimento,
di metodo e di serietà svuotano di significato
anche le idee migliori.

È necessario avere il coraggio di osare.

VERIFICARE

La verifica, passo dopo passo,
di quello che si è realizzato,
rappresenta uno step fondamentale
e necessario in questo percorso metodologico.

Rilevare gli aspetti positivi e confermarli
e saper individuare i punti di debolezza
e gli errori per migliorare e correggere
il percorso è un’azione fondamentale.

Correggere gli errori in itinere per riprogettare
costantemente durante il percorso
è il metodo più virtuoso
di procedere in un’esperienza.

RIFLETTERE

Le indicazioni e gli stimoli che i bambini
ci avevano fornito nella prima fase di ricerca,
sono state vagliate e discusse lungamente.

Le esigenze dei bambini non erano espresse
in termini misurabili, normativi, fisici.
Erano richieste legate all’uso,
alla possibilità di svolgere attività
o a rispondere a requisiti “emozionali”.

Il lavoro di sintesi e attribuzione di significato
alle richieste è stato un lavoro complesso,
che ci ha indotto a fare una prima elaborazione
e poi a tornare nelle scuole dai bambini
per verificarlo, testarlo.

Avevamo a che fare con processi interpretativi.

INTERPRETARE

“Noi non impariamo dal mondo perché
lo osserviamo, ma perché lo interroghiamo”
(E. Kant)

Una cultura vive un processo di rielaborazione
costante in quanto viene costantemente
interpretata e rinegoziata dai suoi membri.
Anche l’educazione deve essere improntata
allo spirito della negoziazione
e della ricostruzione di significato.

Interpretare significa rendere comprensibile
e chiaro ciò che è o sembra oscuro, dare
un significato a qualcosa, spiegare, leggere,
decifrare, commentare, comprendere.
Se “inter” esprime reciprocità, comunanza,
unione, posizione intermedia fra due oggetti;
allora tutta quanta l’esperienza ha rappresentato
un grande esercizio interpretativo.

INTRECCIARE TANTI SAPERI

In ogni sperimentazione la possibilità
di produrre innovazione scaturisce
dalla capacità di vedere i problemi
e le soluzioni con occhi nuovi,
con saperi diversi.

Chi da sempre si occupa di un tema
è portato ad affrontare le situazioni
con le soluzioni che conosce.
Porre gli stessi problemi a persone diverse
permette di raccogliere nuove idee e nuove
ipotesi di intervento.

Se poi si incrociano i saperi e le diverse
tesi e le differenti metodologie di approccio
hanno modo di confrontarsi e di discutere,
si arricchiscono reciprocamente fornendo
soluzioni e idee originali e innovative.

Tutta la ricerca ha rappresentato
un terreno di forte contaminazione
tra i vari saperi che hanno saputo stare
in relazione gli uni con gli altri
e che hanno saputo creare senso
perché hanno voluto fortemente
stare in relazione con l’altro.

Ha rappresentato per i diversi protagonisti
un po’ ciò che Marc Augè
definisce come “utopia dell’educazione”
ovvero la volontà di conoscere
di più del mondo e di conoscere noi stessi.

In questo senso il dialogo
è rimasto aperto nel tempo
e il pensiero si è allenato all’interpretazione
e alla traduzione di fattibilità.

DISPORRE DI RISORSE

I progetti devono essere accompagnati
da adeguate risorse che permettano
di dare corpo alle idee e di sostenere
con mezzi adeguati la ricerca
e le realizzazioni conseguenti.

Spesso è più difficile trovare le idee,
e le persone che abbiano la capacità
di gestirle, che le risorse.

È anche vero che disponibilità economiche
e ricerche viaggiano su due binari differenti
e solo raramente si incontrano per dare vita
ad esperienze innovative e stimolanti.

Il più delle volte si incontrano
interessanti esperienze senza risorse
e grandi investimenti senza idee.

DARSI TEMPO

Tutto ormai deve avvenire in “tempo reale”,
ma qual è la realtà che cerchiamo?
Quella effimera della prima idea che ci viene
in mente, della prima impressione
che abbiamo colto?
Questa esperienza nasce da relazioni
che si sono date il “tempo necessario”.
Da incontri “lenti” dove tutti avevano il tempo
di esprimere le loro idee e dove si potevano
sviluppare confronti e riflessioni.

Le idee hanno poi avuto il tempo di sedimentare,
di depurarsi di inutili appesantimenti,
di arricchirsi di ulteriori riflessioni,
e di intrecciarsi con nuove esperienze parallele.
Ad ogni elemento è stato attribuito il corretto valore.

Il tempo è stato un nostro compagno
di viaggio, un tempo denso di avvenimenti,
un tempo rapido, a volte un tempo tiranno
ma anche un tempo dilatato fatto di pause,
di ammirazione, di sguardi, di sospensioni.

Un tempo in cui le persone
hanno saputo abitare anche per gustare
gli avvenimenti che hanno punteggiato la storia,
un tempo in cui le persone si sono confrontate,
hanno discusso anche animatamente.

Tempo vissuto come possibilità di immaginare
un luogo dotato di significato prima ancora
di esistere perché luogo nella mente
e nella testa delle persone.

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